“Il banchetto e il simposio nell’interno”
«Di quel glorioso rampollo di Sèmele, sì, di Dioníso
ricorderò come apparve sul lido del limpido mare,
su uno sperone di costa, era simile a un giovinetto
di primo pelo: stupende gli erravano intorno le chiome
nere, ma sopra le spalle possenti indossava un mantello
porpora; uomini in fretta, su nave ben salda di banchi,
vennero, svelti, predoni, sul mare colore del vino,
genti Tirrene: funesto destino li spinse; al vederlo,
cenni scambiarono, presto sbarcarono, presolo, a un tratto,
lo trascinarono sopra la nave, eran lieti nel cuore. […]»
(Inno a Dioniso)
L’assenza di fonti letterarie delle società sannitiche rende più complessa la comprensione del grado di civilizzazione e del livello culturale di questo popolo dal VI al IV secolo a.C. Tuttavia, attraverso una ricostruzione dei corredi che entrano nel rituale funerario, Flavio Castaldo ha chiarito la reinterpretazione del simposio ad opera del popolo italico che abitava la Baronia, attuale Irpinia. Il percorso ci ha portato ad osservare sotto una nuova luce le attestazioni di un simposio italico rivisitato e di riflettere sui recipienti utilizzati per bere il vino, come l’oinoche recipiente di forma vascolare di origine greca nato per versare il vino, funzionale allo svolgimento del banchetto e del successivo simposio; oppure il cratere italiota, attribuito al pittore di Dolone, che è la conferma della definitiva entrata del banchetto greco-attico nella cultura del luogo.
Oltre a forme ceramiche per bere e per mangiare, anche le tombe dalla fine del V secolo diventano ostentazione di ricchezza, arredate da oggetti come candelabri in bronzo o spiedi in ferro che rendono il banchetto funebre uno status symbol. Ad esempio, nel corso del IV secolo a.C., nei corredi funerari compaiono i cinturoni in bronzo, tipici della veste di un uomo o anche di una donna italica.
Tramite questa lezione abbiamo capito che l’”arte del simposiare” non è un fenomeno limitato all’area culturale della Grecia, bensì ha influenzato anche territori a noi più vicini, lasciandoci un’intensa eredità di testimonianze.