di Federica Di Lunardo –

Il giorno giovedì 24 novembre presso l’Università del Sannio si è tenuta la lezione “Corpo e identità nel pensiero di Pirandello” tenuta dal professore Felice Casucci e dal professore Vittorio Capuzza. L’argomento è stato introdotto partendo dal concetto di “Identità”, una parola che può essere letta e guardata sotto tanti punti di vista, un argomento celebrato dalla letteratura e custodito dal diritto. Ma l’identità rispetto al corpo che cos’è? Di fatto corpo e diritto non sono così slegati rispetto al tema dell’identità e si può iniziare a parlarne prendendo come spunto di riflessione questa frase del filosofo tedesco Wilhelm Hegel: “Per esprimere la spiritualità la fisiognomica è inadeguata, perché il corpo non manifesta l’individuo” in cui si afferma che ciascuno di noi va al di là del corpo e ognuno deve appropriarsi del proprio in quanto l’essere umano afferma sé stesso non solo nella fisicità ma nella sua identità. L’identità nel tempo ha avuto ed ha varie accezioni, infatti mentre nel pensiero classico ed, in particolare, nella filosofia platonica e aristotelica l’anima è posta come sede del nostro essere oggi l’identità rischia di essere soppiantata dal corpo. Se si ha coscienza che l’identità trascende il corpo e si fa coincidere l’io con la debolezza e con la fisicità, la quale invecchia necessariamente nel tempo anche l’io a sua volta invecchia e diventa debole. Tuttavia nell’uomo, che è l’unico animale a vestirsi, l’identità non è veicolata dalla fisicità nuda poiché il corpo nudo non basta per manifestarla in quanto essa si esprime attraverso il pensiero. Ma corpo, identità e pensiero sono tutelati dalla legge? In Italia la Carta costituzionale segna un grosso riconoscimento, orientato a riconoscere ciò che già esiste, un minimo etico, da cui la legge deve partire, ma ci sono sati negli anni avvenimenti storici come le leggi razziali del ’38 in cui il diritto non ha riconosciuto la sacralità del corpo, la sacralità dell’identità e la libertà del pensiero, inserendo nello schema di legge quello che era un contenuto mostruoso. In questo caso il diritto è stato privato del suo valore, ed è pertanto evidente che per fare della legge uno strumento efficace c’è bisogno di cultura, la quale non è altro che esperienza passata attraverso la tradizione e attraverso quei valori nati dopo sacrifici di vite. Di questo ce ne parlava già Giacomo Leopardi nello Zibaldone in cui si afferma che “l’abuso e la disubbidienza alla legge, non può essere impedito da nessuna legge”, per cui la legge da sola non basta e se non c’è cultura di una norma rimane solo la sua debolezza e fragilità. Ritornando all’individuo e alla sua identità non si può non menzionare Pirandello, il quale in una annotazione nel 1924 celebra la persona nel senso letterario e mette le “maschere” a nudo scrivendo: “Io penso che la vita in questo è una molto trista buffoneria poiché abbiamo in noi senza poter né sapere né come né dove né da chi la necessità di ingannare di continuo noi stessi con la spontanea creazione di una realtà, una per ciascuno e mai la stessa per tutti, la quale di tratto in tratto noi scopriamo di esser vana e illusoria”. Egli quando dice che la vita è una buffoneria intende sottolineare che noi stessi ci inganniamo poiché ognuno di noi rischia di coprire la propria identità creandosi una maschera, talvolta senza neanche sapere che lo fa. Tuttavia il concetto di identità era stato affrontato qualche secolo prima da Leopardi nel “Canto notturno” in cui si parla di un pastore che chiede del significato della vita alla luna, ma la luna non sa rispondere, proprio a significare che l’unico essere vivente dotato di pensiero è l’uomo, il quale grazie al pensiero si pone quell’interrogativo in cui non si domanda “Chi sono?” ma “Che vuol dir questa solitudine immensa, e io che sono?”, pertanto la domanda non è sull’essere ma sull’esistere. Questo quesito sull’esistere di Leopardi si ritrova anche in tre novelle di Pirandello, ad esempio nella novella “Sole e ombra” Ciunna si rende conto del suo fallimento quando si trova da solo di fronte al mare e ad un cielo stellato e di fronte questa bellezza sente il peso del tempo perduto: rispetto alla natura c’è il riflesso connesso all’esistere, pertanto capendo la libertà del tempo, dello spazio e della vita l’uomo si domanda “Chi sono?”. Altro esempio si ritrova nella figura di Eleonora della novella “Scialle nero”, una donna che ha vissuto una vita piena di dolori e sacrifici costretta a sposarsi perché rimasta incinta credendo nell’amore si trova ad essere sfruttata economicamente perché erede di un patrimonio, ella cadrà da un dirupo per sfuggire dalle mani del marito che spinto da bassissima inqualificabile voglia di natura solo fisica tentava di abusare di lei. Questa donna prima di cader morta era su quel ciglio a guardare la natura e nella bellezza dei monti che si scolpivano lungo quel tratteggio dell’orizzonte, dinanzi quella meraviglia ha gustato in un solo istante la bellezza di una vita, infatti solo dinanzi alla natura ella ha scoperto il significato della sua esistenza. E così anche Belluca nella terza novella “Il treno ha fischiato” è un uomo che da anni fa sempre la stessa vita, ad un certo punto a lavoro dicono che è impazzito perché sente dei treni camminare, ma quello proprio sentendo il treno fischiare ha avuto un’intuizione e in un attimo quel treno lo ha svegliato dalla cronaca e lo ha fatto entrare in una versione ontologica non più cronologica in cui non basta più né spazio né tempo e Belluca comincia a sognare il viaggio.

Ultimo caposaldo è l’identità rispetto agli altri che ci spinge ad essere protagonisti, parola che dal greco ha il significato di “lottare e difendere” la propria identità affinché gli altri la conoscano. A tal proposito l’essere protagonisti è la chiave di lettura per vivere in un mondo migliore nello sforzarsi di difendere la tutela della nostra identità, il che presuppone che ognuno conosca sempre di più la propria, poiché quando non si ha coscienza dell’identità si è deboli e si vive del giudizio degli altri.