di Gianfranco Aceto –
Una delle magie più sorprendenti della vita è, senza ombra di dubbio, quella della narrazione, ma l’ultimo posto dove essa può essere apprezzata è nei libri.
Con l’intento di apprendere qualcosa in più da essa, il 2 aprile 2014 gli alunni delle classi 1aT2 e 2aT2, insieme alla professoressa Anna Cinzia Lettieri, hanno infatti incontrato nella splendida libreria “Controvento” di Telese Terme Cristiano Cavina, scrittore faentino che ha già pubblicato diversi romanzi, con successo crescente: Alla grande, Nel paese di Tolintesàc, Un’ultima stagione da esordienti, I frutti dimenticati, Scavare una buca e Inutile tentare imprigionare sogni.
Cavina ha vinto anche importanti premi letterari come il Premio Tondelli, Castiglioncello, Vigevano, Francesco Serantini, Selezione Premio Strega 2009. I lettori amano la sua natura sincera e vulcanica e la critica più severa lo considera una delle penne più brillanti della nuova generazione di scrittori italiani. Le sue abilità di narratore, capace di ripercorrere con grande ironia e leggerezza la propria infanzia e l’adolescenza tessendo una trama di situazioni e personaggi che hanno il sapore dell’epica, hanno tenuto viva l’attenzione degli studenti.
Cavina si è presentato subito con un fare del tutto particolare e spontaneo, indossando una maglia dei ‘Sex Pistols’ e un jeans normale. Dinanzi a sé un tavolino con sopra dei libri e una bottiglia di birra. Dopo aver cominciato la conversazione in maniera timorosa, sia gli intervistatori che gli altri ragazzi si sono sciolti, dando vita a domandeassai significative. Durante l’incontro, i ragazzi hanno approfondito aspetti e tematiche dei suoi romanzi, cogliendone gli elementi di continuità e soprattutto l´evoluzione da una dimensione autobiografica a una più fortemente sociale. Grazie alle sue doti di affabulatore, gli studenti hanno avuto anche la possibilità di comprendere le motivazioni legate alla scrittura, come espressione della propria interiorità e della propria visione della realtà. Dalle sue lunghe risposte si è capito anche il senso che ha dato alla sua esistenza. Egli infatti crede fermamente nella potenza del racconto orale che si tramuta in narrazione scritta per mezzo di un narratore quale lui si definisce. Stando per un po’ in sua compagnia si è percepito infatti la simpatica umiltà da uomo da bar che
è in lui, che lo ha portato ad ascoltare le eterne storie dei giovani del passato o le interminabili e comiche vicende dei ragazzi ubriachi che vagabondano per le strade del paese. La vera bellezza non sta quindi nelle storie narrate dallo scrittore, bensì in quelle cantate e ballate dai vecchi al bar. A confermare ciò è la poetessa “folle per amore” Alda Merini che scrive: ”Io amo le osterie/ che parlano il linguaggio sottile/ della lingua di Bacco/ e poi nelle osterie/ ci sta il nome di Charles/ scritto a caratteri d’oro”.
Questo incontro, partito con l’intento di conoscere personalmente l’autore dei libri letti in classe, è sfociato quindi in una profonda riflessione sul significato della scrittura e della narrazione come arti, diretta da Cavina e catturata dai presenti nella semplicità più totale. Cavina, dimostratosi un ottimo oratore, nel corso di una risposta ha affermato “La vita non è la stampella dell’arte, ma è l’arte ad essere la stampella della vita” e che quindi, secondo lui, non siamo qui sulla terra per vivere, ma per gioire delle bellezze offerteci dalle arti. Un messaggio di tale portata potrebbe rivoluzionare l’intera visione di eternità che abbiamo impressa nelle menti da secoli e secoli e il fatto che 30-40 ragazzi siano rimasti lì ad ascoltare con così tanto ardore i racconti e le osservazioni di un uomo dalla “penna sognatrice”, fa ben sperare per il futuro della cultura italiana che di questi tempi è messa veramente a dura prova.