di Ilaria Bozzi, Classe Terza L1 –
Negli ultimi giorni dell’agosto del 1939, le porte del Louvre si chiudono, le tele sono tolte dalle cornici, riposte in grandi casse e, insieme alle altre opere d’arte, lasciano Parigi per raggiungere le Château de Chambord. Si tratta del più incredibile e monumentale piano di evacuazione della Seconda Guerra mondiale, progettato e attuato da Jacques Jaujard, direttore dei Musei Nazionali francesi. La Joconde, la Vénus de Milo, Le Redeau de la Méduse, la Victoire de Samothrace, insieme a migliaia di altri capolavori, riusciranno a sopravvivere alla barbarie del nazismo, errando da un luogo all’altro in modo rocambolesco, sempre protetti dal Jaujard, «un héros très discret».
Sono questi gli eventi narrati in “Illustre et inconnu. Comment Jacques Jaugard a sauvé le Louvre”, il documentario di Jean-Pierre Devillers et Pierre Pochart, prodotto, nel 2014, da Ladybirds Films con la partecipazione del Musée du Louvre e di France 3.
La visione del film, il 16 ottobre scorso, è stata proposta dall’ Institut Français de Naples “Grenoble” agli studenti campani coinvolti nel programma di formazione integrato EsaBac. Gli studenti del Liceo Linguistico Telesi@ hanno preso parte all’iniziativa, cogliendo l’opportunità di approfondire la tematica proposta insieme a Pierre Pochart, uno dei registi del documentario.
«Questo film – ha affermato Pochart – ha due anime. Una semplicemente letteraria, volta a sensibilizzare gli adolescenti nei confronti dell’arte e della cultura, un’anima che ha fatto leva anche sull’aspetto romanzesco delle peripezie de ” La Gioconda” e delle altre opere d’arte, “sepolte” nei castelli della Francia del Sud per tutta la durata della Seconda Guerra mondiale, “difese” dagli abitanti dei villaggi e mostrate in gran segreto solo ai bambini per coltivare in loro la speranza che, pian piano, ogni cosa sarebbe tornata, illuminata dalla luce del sole, al proprio posto. Ogni opera d’arte – ripetono più volte nel film i bambini di allora divenuti ora testimoni d’eccezione – porta la bellezza della civiltà di cui è memoria, è una testimonianza del genio umano e del suo tempo e, per questo, è destinata alle generazioni future e non al singolo individuo.
Una seconda anima del documentario, di natura storico-artistica, è rappresentata da Jacques Jaujard, direttore dei Musei Nazionali francesi, capace, ancora prima che Hitler desse inizio all’invasione della Polonia, di mettere al sicuro l’immenso patrimonio artistico del Louvre, insieme alle vetrate e alle porte delle cattedrali francesi più importanti. Dopo l’armistizio del 22 giugno 1940, firmato a Rethondes da Philippe Petain, Jaujard riuscirà a non consegnare ai tedeschi il patrimonio artistico dello Stato francese, appellandosi al principio che la pace finale e le relative condizioni non fossero state ancora sottoscritte dalla Francia».
Concreto e riservato, Jaujard svolge il proprio compito nell’ombra, non rilascia interviste, non si fa pubblicità, “un illustre sconosciuto” del quale restano poche foto e qualche filmato d’epoca. Ma ciò non ha costituito un limite per la regia, che ha fatto ricorso al dessin animé, in modo da evocarne fedelmente la figura e la personalità nei luoghi dove realmente egli svolse la sua vita.
C’è, inoltre, in Jaujard la convinzione profonda che dirigere significa soprattutto prevenire, prevedere il corso degli eventi ed agire di conseguenza, prefigurando scenari futuri in cui il valore dell’arte per l’umanità non debba mai apparire compromesso dalle necessità materiali del presente. Ed è significativo, a tal proposito, il rapporto complesso che Jaujard ebbe con i partigiani francesi, con i quali condivise l’aspirazione alla libertà ma ai quali vietò l’uso della nafta e del carbone destinato alla conservazione delle opere d’arte.
Pierre Pochart si sofferma, nel corso dell’intervista, sulla figura di Rose Valland. Rose è a capo del Musée de jeu de paume negli anni in cui l’Einsatzstab di Alfred Rosenberg mette in atto, in tutta l’Europa, la spoliazione sistematica delle collezioni d’arte appartenenti ai privati e, soprattutto, agli ebrei. Rosa, con le sue note manoscritte, tenta di inventariare e di catalogare le opere nella speranza di riconsegnarle al mondo dopo la sconfitta della follia nazista. Nel 1943, ella assiste impotente al rogo della “stanza dei martiri”, come venne chiamata la sala del Musée de jeu de paume dove i nazisti avevano chiuso decine di quadri considerati espressione di “arte degenerata”. Dopo la guerra, Rose attraversa la Germania e riesce a riconsegnare alle gallerie e ai privati molte opere di Klee, Picasso, Marc, Chagall, Kokoschka, Matisse …
« Signor Pochart , quale fu l’epilogo della vicenda umana di Rose Valland?»
«È un ambiente machista e fallocratico quello in cui ella porta avanti la sua missione e nei suoi confronti lo stesso governo francese, prima e dopo la guerra, mostra una posizione ambigua, non riuscendo fino in fondo a confrontarsi con Rose, eroina disarmata della cultura e della Resistenza francese e, come se non bastasse, donna ed omosessuale».
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