a cura della classe 5ªS2 –
In occasione del secondo “Dantedì” (che tra l’altro nel corrente anno coincide con il 700esimo anniversario della morte del sommo poeta), noi studenti della 5aS2 abbiamo voluto ricordare il celeberrimo Dante Alighieri, cercando di andare oltre i confini di una visione che tende a considerare il noto scrittore degli angelici versi come “il padre della lingua e della letteratura italiana”. Certo, è senza dubbio vero che, privata del suo fondamentale contributo, molto probabilmente la lingua italiana tutt’oggi si troverebbe ad assumere una fisionomia complessiva totalmente differente: “Tutte le volte che ci è dato di parlare con le parole del vocabolario fondamentale-scriveva Tullio De Mauro- non è enfasi retorica dire che parliamo la lingua di Dante. Altrettanto potrebbe dirsi della letteratura del “bel paese” (Inferno XXXIII, 80) erede della tradizione stilnovistica, ma il fenomeno Dante va ben oltre queste semplici considerazioni.
Risulta dunque adeguato e per niente disorientante o eccessivo affermare che Dante non si è limitato a influenzare la cultura Italiana, quanto è stata invece essa stessa a plasmarsi sulla matrice della Commedia Dantesca. Lungi dall’essere limitata esperienza di un’élite selezionata, i versi danteschi si sono incarnati nelle membra della reale quotidianità di intere generazioni sin dal 1300. Con la loro profondità e lungimiranza, le terzine delle tre cantiche si prestano a una straordinaria contemporaneità, che sembra dissolversi in una dimensione eterna. La testimonianza di questa infinità secolare in cui la Commedia continua a rimanere attuale, è data dal fatto che le sue emozionanti parole si ritrovano straordinariamente di conforto anche 700 anni dopo, in un contesto lontano da quello della lotta antagonistica e spietata tra Guelfi e Ghibellini o dalla magica atmosfera medievale: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”(Inferno XXXIV, 139), suscita in noi quel barlume di fiducia, quella forza di sperare contro ogni speranza, senza la quale non si può riuscire a reagire a una situazione di emergenza pandemica mondiale come quella in cui stiamo vivendo.
D’altronde, il messaggio implicito della Commedia risiede proprio in quella bellezza intrinseca, in quel movimento amoroso degli astri che si risolve sostanzialmente nell’armonia (talvolta anche suggestivamente musicale) di un mondo che, nonostante tutto, rimane (e si batte per rimanere) pieno di vita. Sulla scia di tale consapevolezza è stato interessantissimo addentrarci in un video elaborato e pubblicato dal Corriere della Sera in relazione proprio ad una visione alternativa e spiccatamente anti-convenzionale della figura storica e letteraria di Dante. Il relatore Giuseppe Antonelli ha innanzitutto avvicinato la lente d’ingrandimento ad un “Dante Popolare”. Molte frasi del proemio, infatti, sono diventate dei veri e propri proverbi: “Non ragioniam di lor ma guarda e passa” (Inferno III, 51) “Sanza ‘nfamia e sanza lodo” (Inferno III, 36), sono solo alcuni di quei versi con i quali riempiamo di sapide coloriture i nostri discorsi. In realtà, basta anche soltanto fare una passeggiata fra le strade delle nostre splendide città per osservare continui riferimenti a Dante, persino nelle dediche e nei murales spesso frutto di genuine iniziative adolescenziali. La figura dantesca viene poi analizzata secondo una prospettiva “pop-orale” che in particolare evidenzia l’avvicinarsi del poeta a quella cultura pop (da “population”), non solo italiana, ma soprattutto internazionale; dimensione questa, a sua volta legata a quella prioritaria di tipo orale. Franco Sacchetti, autore del 1400 ci presenta ironicamente un Dante personaggio che si scaglia contro un asinaio e un fabbro alle prese con una recitazione inadeguata dei suoi versi; ci viene spontaneo allora chiederci come avrebbe reagito Dante di fronte alle provocazioni moderne dei cantanti Venditti e Jovanotti!
Borges, altro noto scrittore, lega invece questa dimensione della tradizione orale all’intrinseca musicalità delle terzine dantesche. Impossibile non citare, sempre nell’ambito di tale visione la fondamentale importanza di Boccaccio, primo lettore di Dante a definire “Divina” la Commedia e a recitarla pubblicamente (sotto incarico del comune di Firenze) di fronte a un pubblico abbastanza composito nella Chiesa fiorentina di Santo Stefano. Anch’egli fu vittima di accuse, tra le quali quella di aver “prostituito le muse di Dante”, provenienti da un rango letterario poco propenso alla condivisione interclassista dei versi della Commedia. La musicalità dell’opera risulta a sua volte legata al tema della memoria, che rimanda sia ad un aneddoto particolare di un uomo che impazzì e andò incontro a crisi maniache dopo aver imparato mnemonicamente tutti i versi della Commedia, così come ad uno sketch piacevolmente comico di un giovanissimo Benigni in cui l’attore, nei panni di Dante, finge di aver dimenticato l’incipit dell’Inferno. Straordinariamente intrigante il riferimento alle crittografie mnemoniche dantesche, veri e propri rebus in cui, partendo da una parola, bisognava cercare di ricordare il verso o la terzina più attinente a risolvere l’intero gioco di parole: prova questa, di un “Dante Rebus” particolarmente amato nei secoli scorsi. Di notevole piacevolezza comica risulta anche la presentazione di un “Dante sketch”: attraverso le brevi sezioni di alcuni film si sottolineano le buffe e facilmente fraintendibili espressioni che assumono significati diversi nell’italiano moderno ed in quello della Commedia.
Il cosiddetto “Dante brand”, invece, appare nella citata lettera di Francesco De Sanctis alla moglie, nella quale le racconta delle celebrazioni per il sesto centenario della nascita di Dante. Viene descritto infatti quanto, nel corso della storia, il nome di Dante sia stato usato per pubblicizzare cibo, indumenti, fino alle figurine Liebig del 1929. Da Dante brand a Dante testimonial il passo è senza dubbio breve. E’ capitato diverse volte ad ognuno di noi di osservare in tv dei caroselli prima, e degli spot pubblicitari poi, raffiguranti il Sommo Poeta, arrivato a pubblicizzare una nota marca di carta igienica. Nicola Zingarelli, fondatore del famoso dizionario, ad esempio, così come Croce, rimase indignato a causa della pubblicità di un’acqua purgativa che citava: “Io son Beatrice che ti faccio andare” (Inferno II, 70), ciò a causa del ricorrente paragone tra i termini “purgativo” e “purgatorio”.
Altra dimensione della memoria popolare di Dante, che è stata analizzata è quella visiva. Grandi autori, come Botticelli, sono stati ispirati dalla Divina Commedia. Le immagini della stessa hanno preso vita nei film, nei fumetti e perfino nei videogiochi. Uno degli esempi più famosi è senza ombra di dubbio l’”Inferno di Topolino”, le cui didascalie erano in terzine dantesche, ovviamente. È stato interessante comprendere l’alternarsi delle vignette, tipicamente per bambini, con le terzine che appaiono più facilmente leggibili da adulti. Ad ogni modo, l’ideale popolare della Commedia dantesca è senza ombra di dubbio dovuta alla versione illustrata da Gustave Doré del 1861, che, tra l’altro, ha dato il via alla realizzazione del Dante cinematografico. Matilde Serao, ad esempio, nel 1911 recensì l’”Inferno” di Francesco Bertolini, affermando “Questa cinematografia ha fatto rivivere l’opera di Doré”.
La cinematografia, come ben sappiamo, è fatta di molti generi, tra cui quello satirico. Da Totò a Zelig, dal quartetto Cetra ai videogiochi, non è mancata negli anni un’immagine satirica e parodistica del poeta fiorentino.
L’ultima parte del video, forse la più attuale, è stata dedicata al cosiddetto “Dante monumento”. A partire dal Risorgimento, infatti, e dalle già citate celebrazioni per la nascita del poeta, Dante e la stessa città di Firenze, sono diventati un punto fermo della cultura italiana, conosciuta e studiata in tutto il mondo. Di monumenti, letteralmente parlando, dedicati al poeta, negli anni ne sono stati innalzati molti, e ciò dimostra anche come la figura poetica di Dante non potesse essere separata dal mito patriottico e risorgimentale che gli era stato congiunto.
Insomma, la figura di Dante è stata ed è oramai onnipresente, dal Vangelo alle sedute spiritiche, e noi abbiamo cercato di cogliere alcuni aspetti e alcune sfumature di un uomo che forse non viene più considerato tale, a dispetto della definizione di “Padre della lingua e della letteratura italiane”. Certo, ci sarebbe ancora molto altro da dire in merito ad un poeta vissuto oltre 700 anni fa ma le cui terzine sono giunte quasi ad ogni persona nel mondo. Ecco perché, al di là di caroselli, film e fumetti, magari oggi una rilettura di alcuni versi della Commedia, ma non solo, sarebbe particolarmente importante per tutti.