di Perfetto Loris Martino 1S2
L’Italia degli anni ’40 era un Paese a pezzi. Lo stemma dei Savoia, impresso sul tricolore, si era sporcato indelebilmente di sangue e sulle spalle della Nazione che lo sbandierava con riluttante orgoglio gravava il peso di due sconfitte. La sofferenza provata dagli italiani era incommensurabile ed era accentuata, come se non bastasse, dalla fame, dalla povertà, dal freddo e dalle malattie.
Quegli stessi italiani che, dall’abisso in cui erano sprofondati, seppero guardare al futuro e riporre in esso una fiducia di cui nessuno li avrebbe ritenuti capaci. Dobbiamo essere grati alla resilienza dei nostri compatrioti: valore in cui, probabilmente, meglio si riflette l’essenza profonda della Nazione di cui facciamo parte. Il desiderio ardente di rialzarsi nacque da una fame smodata di riscatto dalla miseria che spinse milioni di donne e uomini ad abbandonare le campagne e a dirigersi presso le cabine elettorali il 2 giugno 1946. A ciascun cittadino fu conferita la dimenticata facoltà di far sentire la propria voce, di esercitare il proprio volere di fronte a una scelta: continuare con l’opprimente ed obsoleto regio governo oppure imprimere una svolta epocale nella storia della nazione e del vecchio continente attraverso una forma di governo in grado di consegnare ad ogni singolo cittadino la virtù di poter decidere.
“Vi chiedo di dare respiro e credito alla Repubblica d’Italia. Un popolo lavoratore di 47 milioni di donne e di uomini è pronto ad associare la sua opera alla vostra per creare un mondo più giusto e più umano” le parole del primo Capo di Stato provvisorio Alcide De Gasperi alla conferenza di pace di Parigi riassumono con semplicità ed eleganza cosa veramente il 2 giugno significò per la nostra storia e la nostra società. Una società di lavoratori, caratterizzata dalla spensieratezza e il buon umore tipici dell’italianità famosa in tutto il mondo. A desiderare a gran voce la democrazia furono più 12 milioni di cittadini, e, per la prima volta, si poterono udire anche le opinioni femminili. Le donne, infatti, poterono, per la prima volta nella storia del nostro paese, recarsi alle urne e furono proprio loro le protagoniste di questa rivoluzione.
“IL VOLTO DELLA REPUBBLICA ITALIANA”
Una vivida testimonianza di ciò è la giovane, bellissima e sorridente ANNA IBERTI, protagonista della celeberrima fotografia emblema di quei giorni di gioia e aspirazione per il futuro. Da quel momento è diventata la ragazza simbolo della Repubblica; iconica è la testa che sbuca dal giornale annunciandone la nascita.
All’epoca ventiquattrenne, il suo meraviglioso e spontaneo sentimento di gioia fu catturato dal fotografo Federico Patellani, in uno scatto destinato a rimanere nella storia. Ben presto divenne l’emblema di una generazione e di uno Stato, che oggi ci ricorda dei nostri padri e dei nostri nonni che videro l’Italia alzarsi e riprendere forma.