di Miriam Gaetano e Alessio Izzo – 5ªS1 Liceo Scientifico –
Si è svolto sabato 5 marzo, in modalità online, il quinto incontro del XVII Corso di Cittadinanza attiva, durante il quale il Prof. Pierpaolo Forte, docente presso l’Università del Sannio, Dipartimento DEMM, è intervenuto sul tema “Privacy e trasparenza nell’era digitale”.
Il mondo della comunicazione, ormai digitale, rappresenta uno dei luoghi privilegiati del cambiamento, già a partire dai servizi commerciali, nei quali tutto è digitalizzato, dalla prenotazione di visite mediche ai biglietti aerei, agli autovelox che sono in grado di rivelare le violazioni del codice stradale, in particolare il superamento dei limiti di velocità. La pubblica amministrazione si avvia verso il mondo digitale, come tutti i servizi che essa eroga, anche se alcune attività non potranno mai essere automatizzate, almeno nella loro totalità, come le funzioni connesse alla docenza. Il cambiamento, però, non riguarda solo gli aspetti amministrativi ma anche la vita stessa dei giovani, i quali, proiettati nel futuro, vivranno quasi per intero in digitale, non per una scelta, ma per necessità.
In un futuro non troppo remoto c’è l’ipotesi che tutto il lavoro umano, o meglio la fatica, venga sostituito dalle macchine. Cosa faremo, allora, durante le nostre giornate? Probabilmente inventeremo nuove attività da svolgere poiché è nella natura umana il continuo porsi obiettivi.
Gli elementi che contraddistinguono il Ventunesimo secolo sul piano digitale sono i dati, i quali costituiscono un vero e proprio capitale. Sin dal 2005 il nostro Paese, come molti altri, a seguito della spinta da parte dell’Unione Europea, ha regolato i dati pubblici in base ai codici dell’amministrazione digitale. Questi sono stati resi disponibili a tutti, divenendo conoscenza, valore, ricchezza intellettuale ed economica. Quando i dati sono pubblici, infatti, salvo particolari eccezioni dovute ad un regime giuridico privatistico, abbiamo tutto il diritto di accedervi e di riutilizzarli, anche se con dei limiti. Ad esempio, se volessimo fotografare un’opera d’arte all’interno di un museo, avremmo il pieno diritto di farlo e di mettere in circolazione le immagini, senza però trarne profitto.
I dati personali vengono trattati sia dalle persone fisiche che dagli strumenti informatici, poiché la maggior parte dei processi sono automatizzati, ovvero gestiti con strumenti digitali. Secondo l’articolo 22 del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati) n. 679 del 2016, tutti abbiamo il diritto di rifiutare una decisione automatica e di richiederne una che prevede l’intervento di un operatore (persona umana). Per giungere ad una decisione automatica c’è bisogno dell’elaborazione e connessione di vari dati. Prima della digitalizzazione questa operazione veniva effettuata da un essere umano, oggi invece determinati software sono in grado di acquisire in automatico dati disponibili nel web, collegandoli tra loro. Ovviamente questo processo crea una serie di problemi chiamati bias, ovvero errori dovuti alle decisioni automatiche, le quali possono generare particolari ingiustizie in quanto la macchina tratta i nostri dati in maniera molto grossolana.
Ai giorni d’oggi ci sono bambini, ragazzi ma anche adulti, che incoscientemente o erroneamente mettono in rete i propri dati, senza considerare le conseguenze future. Fortunatamente, grazie al diritto all’oblio (articolo 17), possiamo chiedere di eliminare tali dati a seguito di una richiesta che deve essere legittimamente motivata. In ogni caso questo non esclude che siano già stati acquisiti dagli utenti della rete.
La letteratura più avanzata si sta facendo delle domande sul nuovo mondo. Cosa ne sarà di tutti noi? Siamo già degli androidi? La verità è che lo siamo sempre stati, fin dall’antichità. Noi, esseri umani deboli quali siamo, necessitiamo di supporti per migliorarci, a partire dal bastone o dall’arco fino ad arrivare al web. Per quanto le macchine possano essere migliori di noi, però, hanno un limite: non hanno finalità, ciò rende impossibile il dominio sull’uomo. Le macchine possono spegnersi ed accendersi a differenza dell’uomo che vive una volta sola. Siamo sicuri, o almeno ne siamo convinti ora, che le macchine non saranno mai in grado di comporre musica o scrivere una poesia, ma bisogna ammettere che sono più veloci di noi e se programmate correttamente sono anche più precise. Dobbiamo, quindi, sfruttare la tecnologia a nostro vantaggio e non vederla come un nemico. Soprattutto, per ciò che concerne la velocità delle trasformazioni tecnologiche, se smettessimo di rincorrere l’ultimo modello di questo o quel prodotto, potremmo riappropriarci della nostra libertà di decidere.