a cura di Emma D’Agostino di 4ºS2 –
Come d’aria, il romanzo d’ esordio della scrittrice abruzzese Ada d’Adamo edito da Elliot nel gennaio 2023, resta in gara per la 77esima edizione del Premio Strega nonostante la sua autrice sia morta il 1° aprile, a solo due giorni dalla proclamazione della dozzina.
Ada D’Adamo aveva 55 anni e da tempo era malata. Laureata in Discipline dello Spettacolo e diplomata all’Accademia Nazionale di danza, era un’amante del teatro e della danza, sui quali ha scritto diversi saggi. Appassionata ed esperta di letteratura per l’infanzia, collaborava come editor con la casa editrice Gallucci. Lascia il marito Alfredo e una figlia, Daria, a cui è dedicata l’ultima sua fatica.
Il titolo Come d’aria nasce da un gioco di parole con il nome della figlia, e il romanzo racconta la nascita e i primi anni di vita di Daria, affetta da una grave malattia, una malformazione congenita del cervello (oloprosencefalia): non riesce a vedere, decifrare, urla e piange sempre, “una schiena e una testa incapaci di stare dritte”. Un corpo d’aria che non conosce la forza della gravità è corpo che non si esprimerà mai, corpo che non parla, bimba per sempre.
Ada non è né una “madre iena”, di quelle che urlano per far valere i propri diritti, né una “madre coraggio”, pronta a sobbarcarsi con abnegazione il peso di una situazione, che se avesse potuto non avrebbe scelto. Lo scrive chiaramente a Corrado Augias in una lettera pubblicata nel febbraio del 2008 su “La Repubblica”. Ci tiene a non essere considerata una madre coraggio, anche se di coraggio ne dimostra tanto, ogni giorno: quando attraversa i primi sei mesi d’inferno della figlia, quando i vari ausili occupano lo spazio di casa, quando la figlia comincia a frequentare la scuola. Non nasconde i momenti di sconforto, la solitudine. Disperazione, rabbia, ma anche gioie inaspettate e immensa tenerezza scaturiscono da questo libro, magico come Daria, pieno di sensazioni. Daria è sempre stata una bella bambina, l’autrice ha capito che esiste una disabilità “bella” e una disabilità “brutta” e che anche in questo “mondo a parte” le persone, dagli sconosciuti, ai terapisti, ai medici, subiscono il fascino del bello, proprio come avviene nel cosiddetto “mondo normale”. Forza e verità sono le due parole chiave che percorrono il libro. Del resto il coraggio, la volontà e la forza sono gli elementi naturali dell’accettare la vita, di soffrirla e gioirne imparando ogni giorno qualcosa con amore. La malattia può distruggere ma anche ”moltiplicare l’amore” e vincere quei momenti in cui la normalità degli altri scava dentro la tua intima solitudine. Come d‘aria è nonostante tutto un inno alla cura, “l’essenza della vita è la cura”: la nascita di Daria, l’amore e la sofferenza per lei sono descritti come momenti di progressiva accettazione e di costante presenza. Ada lotta contro un mondo ostile non solo fatto di barriere architettoniche ma anche mentali e burocratiche. La scrittrice ha il coraggio di raccontare senza retorica la disabilità della figlia e la difficoltà della cura, resa ancora più pesante da barriere architettoniche, burocrazia e dal buonismo di tanti che appena possono si girano dall’altra parte perché “la verità è che le vite degli altri scorrono uguali a prima”. La difficoltà aumenta quando Ada scopre di essere a sua volta malata. Giorno dopo giorno Ada diventa Daria, più passa il tempo e più si somigliano fino ad identificarsi completamente. Cosi come avviene nella danza, il corpo diventa luogo di memoria, con la trasmissione e l’apprendimento, con il passaggio da corpo a corpo di informazioni, pratiche e tecniche, quindi con la capacità del corpo di creare conoscenza. Quando la scrittrice ha scoperto di avere un tumore e di doversi curare, la sua principale paura è stata quella di non riuscire ad avere più un contatto fisico con la figlia. “Finirò col disciogliermi in te? Sono Ada. Sarò D’aria…”. In questa nostra società, improntata a modelli di perfezione e bellezza, la storia di Ada e Daria appare tragicamente e meravigliosamente imperfetta e di una potenza fuori dal comune. A questo proposito Ada racconta anche la narrazione tossica della disabilità durante il coronavirus. Scopre improvvisamente di essere insieme a Daria soggetto “fragile” che non vale neppure la pena di portare in ospedale. Dunque un‘ulteriore occasione per confermare la potenza dei sani. Scrivere il libro diventa allora una terapia: le cure saranno dolorose e impegnative, ma occorre provare a uscire fuori dal tunnel. Ora la donna che cura deve anche curarsi, la madre che accudisce dev’essere anche accudita. Le sue forze fisiche vengono meno ma emerge una forza che pare incapace di essere sconfitta.
Come d’aria è una storia d’amore. La storia di una vita colma d’amore anche nella malattia, nella difficoltà di una condizione umana bersagliata dalla cattiva sorte. È un resoconto della gioia di vivere, della felicità nell’infelicità. Leggendo il libro si cerca uno spiraglio d‘aria ma la vita non è un romanzo: il momento in cui si ferma non sempre lo decidiamo noi e non sempre arriva come vorremmo ma tutto sommato sono le leggi della vita, le sue imperscrutabili coreografie, danze per non vedenti, un soffio leggero che ci sfiora la faccia e le mani e pur non vedendo sappiamo: la danza continua.