a cura di Flavia Valente 4ªS3 –
Tra le tante rivelazioni della LXXVII edizione del Premio Strega certamente degna di nota è la scrittrice italo-somala Igiaba Scego. Con Cassandra a Mogadiscio, un romanzo polimorfo, un memoir in forma di lettera, ella racconta la frattura che persiste nelle famiglie diasporiche. Attraverso una lunga lettera destinata a Soraya, nipote amatissima per la quale la scrittrice ricostruisce l’albero genealogico della propria famiglia, Igiaba cerca la cura per sé e per la sua numerosa famiglia. La malattia è il “Jirro”, una parola vasta, che comprende le ferite, il dolore postguerra, l’anoressia, il glaucoma, il cuore spezzato, la vita in equilibrio precario tra l’inferno e il presente.
Sullo sfondo la storia del Novecento, in particolare l’inferno vissuto dai somali negli anni novanta nel tentativo purtroppo vano di affrancarsi definitivamente da importatori di democrazia per costruire uno stato autonomo. Mogadiscio, la capitale, fu distrutta nel giro di un mese, e anche se oggi è stata ricostruita, è una città completamente diversa da quella del 1991. Con essa sono scomparsi archivi nazionali e familiari, è scomparsa la memoria di un popolo che Igiaba tenta di ricostruire, attraverso il racconto della madre, una pastora nomade “archivio vivente e tessitrice di storie orali di antica sapienza“.
Poi c’è il presente. Igiaba è nata e cresciuta in Italia, ama la lingua Italiana che per lei è “la lingua degli affetti“, dei segreti, di Pino Daniele, del cinema e della grande letteratura, tifa per la “Maggica”, insomma è somala d’origine e italiana per vocazione. Nonostante ciò, da scrittrice post- coloniale non può tacere i rapporti di soprusi e violenze che hanno strutturato le relazioni tra Italia e Somalia. La sua è al tempo stesso un’operazione di memoria e di riparazione storica. Da un lato vuole ricordare all’Italia cosa è accaduto in Somalia negli anni del colonialismo italiano e poi dell’Amministrazione Fiduciaria italiana, raccontando l’ossessione che i genitori avevano per il nostro Paese: “L’Italia era dappertutto nelle loro vite di allora. Conoscevano la lingua, la cultura, le canzoni d’amore […] Invece in Italia nessuno sapeva nemmeno localizzare su un mappamondo quella Somalia colonizzata due volte”. D’altra parte Igiaba, riportando alla mente un passato scomodo e per questo rimosso, ci aiuta a costruire un futuro sempre più aperto al pluralismo proprio perché memore delle ferite della Storia. Tra le ferite ancora sanguinanti c’è anche quella per l’uccisione di Ilaria Alpi, coraggiosa reporter che stava indagando su un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici tra Europa e Somalia. Alla giornalista è dedicato il Nuovo Museo italo-africano nel quartiere Eur di Roma, che è centro di dialogo interculturale, di ripensamento e contronarrazione del passato coloniale dell’Italia.
Cassandra a Mogadiscio è un libro che ti segna e ti insegna. Ti insegna l’importanza delle parole, quelle sonore e pregnanti della lingua somala prima di tutto. La lingua ibrida del romanzo ci aiuta a capire che le parole possono costruire ponti e ridare voce a storie spesso volutamente dimenticate.